Tra dire ed essere… l’universo semplice non si definisce

Qualcuno recentemente mi ha fatto una domanda che mi ha fatto sorridere. Mi ha chiesto come mai abbia scelto due immagini infantili per rappresentarmi nel blog.
Potrà anche sembrare infantile, ma ha il suo perché. Tra tutte queste femme fatale che usano donne bellissime come avatar, io non mi ci vedo. Cioè non rappresentano me, né possono raccontarmi, né mi appartengono. Dovrei mettere un reggicalze, una autoreggente, un completino di pizzo… forse.
Ma nemmeno questo racconterebbe quel che sono.
Ovvio potrei mettere il mio volto o una parte del mio corpo, tra le altre cose già messo… ma non è mia intenzione farlo.
Io sono uno scherzo di natura, a freak of nature, una caricatura. Ricordo perfettamente la prima volta che ho visto Fujiko Mine… quel suo sguardo così diretto e spudorato, quel suo corpo così prorompente. Ero una bambina insicura che non aveva coscienza di sé e non l’avrebbe trovata nemmeno durante gli anni a venire. Non l’ho trovata ancora alla soglia dei 45 anni. Ho solo tanto caos da risistemare, ma il vento soffia ancora e scompiglia anche quello che ho tentato di mettere in ordine. Ho ricominciato dal poco che avevo, una così non può identificarsi in qualcuno che non le somiglia, dentro non ha le mie cicatrici. E nemmeno mi calzano i palloncini colorati, le spensieratezze dell’infanzia, io non le ho avute. Ricordo il soffitto, bianco e l’annullamento dei pensieri, le sere a guardare la luna al buio, le pagine di un diario a cui ho consegnato tanto. Ricordo quanto fossi sola.
E ricordo sempre troppo, perché la scatola dei ricordi si apre ogni volta sulle stesse cose.
E quando non sei, appartieni al niente e non esisti. Come un anime, un cartone, un disegno…
Io sono Yelena, la donna di un demone, quella che sognava un cielo hawaiano, ma vive sotto un cielo grigio, con un papà Cielo, che per farla ridere le regala gocce di cristallo colorate e gioca a nascondino dietro le nuvole©[Yelena B.]