Il mondo in un treno

Oggi ho guardato il mondo da un treno, era tanto che non ne prendevo uno, era tanto che non mi sentivo straniera tra gli stranieri. Perché oggi ho visto cose che mi hanno colpito e mi hanno fatto riflettere.

Una su tutti, il tentativo di estraniarsi da tutto, ognuno col naso dentro uno smartphone, qualcuno dietro un paio di occhiali scuri.

Poi l’ho vista.

Ero già salita sulla metro ferma al capolinea e mi ero appoggiata ad uno dei vetri che dividono i posti a sedere dalle porte di accesso.

È passata barcollando mentre beveva da una lattina di birra e teneva in mano una busta di plastica con dentro altre birre.

Poi è entrata in carrozza, continuando a bere. Era totalmente ubriaca.

Si è avvicinata a me e mi ha chiesto biascicando le parole “Che questo va a Ostia?”

“Si” ho risposto sorridendo

“Sicura, signò? Devo andà a lido centro!”

“Sicura” ripeto

Lei mi guarda e barcollando ancora, mi dice “Bene! Allora me siedo”

E con mille manovre, cade seduta sul pavimento del vagone.

“Che do fastidio?” mi dice

Avevo una busta in mano, ero entrata in un supermercato un’ora prima per comprare una bottiglietta d’acqua, ma non potendo comprare una sola boccetta, avevo optato per dei brick di the alla pesca e avevo anche preso delle zucchine. La tenevo appesa sul braccio sinistro, durante la marcia avrebbe potuto forse toccare la sua testa e non mi pareva il caso.

“No no, non dai fastidio, forse questa potrebbe dar fastidio a te. Ma la metto per terra, tanto non c’è niente di speciale dentro.”

Lei alza gli occhi mezzi chiusi e con la mano mi fa cenno di non farlo “No. Non la togliere signò, non la devi togliere”

Le sorrido di nuovo “Tranquilla non c’è nulla di speciale dentro, può stare per terra”

Il treno chiude le porte e parte.

La vedo sorridere “Sicura che va a Ostia?”

“Si si”

La gente guarda.

Penserà “che gente”.

La scavalcano, c’è chi la vede appena si apre la porta e cambia vagone, chi la fissa.

Lei è mezza addormentata, ancora con la lattina in mano.

Mi guardo intorno e vedo gli altri passeggeri presi a giocare, chattare, tutti col naso dentro il telefono. A volte alzano gli occhi e la guardano.

La testa che pende, seguendo i movimenti del treno.

Quanti avrà mai sta donna? mi chiedo e perchè è arrivata a tanto?

Quanta solitudine e alienazione c’è in una così?

Sale un ragazzo arabo, cappellino in testa, maglia rossa con la pubblicità di alcuni snack famosi, si ferma vicino a me e comincia a fissarla, nei suoi occhi c’è un misto di cose che non mi piace, ma non posso biasimarlo.

Quanto mondo chiuso in questo vagone, quante storie che non so…

Le fermate non sono molte, ma i pensieri si.

Si affollano, spingono.

Per un attimo guardo fuori, stiamo lasciando Roma, la periferia e il degrado è ovunque.

Tor di valle…

Acilia.

Ad un tratto si sveglia “Io scendo qui!” dice.

Tenta di alzarsi ma è molto ubriaca, ricade in ginocchio e gattona verso la porta ancora aperta.

“Attenta, si potrebbero chiudere ora!” le dico, ma lei si aggrappa ai sostegni e si tira su, non si volta, ma guardandomi con la coda dell’occhio mi lancia uno strano sguardo “grazie eh signò… grazie.”

La guardo uscire, barcollando, per un attimo la perdo di vista, coperta dagli altri passeggeri sulla banchina, poi il treno chiude le porte in un sibilo e riparte.

La vedo di nuovo, si è seduta su una panchina… per un attimo ci guardiamo, non credo la rivedrò mai più, eppure quel suo “grazie” mi è rimasto impresso.

Aveva il sapore dell’umanità che si sta estinguendo. Inesorabilmente.

[Yelena B.]

trenodesolazione

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1 Response

  1. stefano ha detto:

    humus si sta decomponendo ma poi se annaffiata può rinascere con calore.

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