Spacciatori di parole beate maschere

Spacciatori di parole

Più mi imbatto negli spacciatori di parole, meno poesia leggo nei loro scritti.

Si può imparare a scrivere poesie stilisticamente perfette e mai sbavate e poi farle sfilare in passerella come le modelle anoressiche, si può anche commentarne la metrica, la struttura, il taglio, esaltadone la composizione armoniosa…

Si per carità, bravi non c’è che dire… ma alla fine, dopo aver letto senza sentirne l’odore, il sapore e senza che esse ti abbiano creato una precisa immagine nella testa, cosa resta? Alla fine che volevate dire, insinuare, intendere? Il succo, la morale, il messaggio qual è?

Se faccio fatica a capire ciò che trasmettete, sono io ignorante che mi perdo tra lo stile, la metrica e le parole ammucchiate a far massa o semplicemente siete voi che dentro non ci avete messo nulla, troppo attenti alla perfezione?

È molto semplice sfornare poesie così, si può costruirne pile e pile e stamparne anche sui muri.

Ho sempre pensato che solo l’emozione fa nascere una poesia. Solo un forte sentimento matura le parole e le fa sbocciare come un fiore dai petali magnifici, non nasce dallo sfogliare un vocabolario.

Una poesia il cui contenuto è frutto solamente di un’abile e oculata scelta di parole, lascia solo il mucchio di parole a cui non puoi dare significato e di cui non arrivi a gustare il brivido, perché non te lo trasmette.

Preferisco creare un’immagine con le parole che scrivo, raccontare a chi legge un dolore o una gioia come fossero precisi sottotitoli ai miei pensieri.

Tutta questa falsa poetica oculata esternazione la lascio a voi, beate maschere. [Yelena b.]

spacciatori di parole

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