Comincia con una carezza

Comincia con una carezza

Era imbarazzante restare da sola con lui, si creava una sorta di energia che sembrava sfiorarla in maniera impercettibile. Non aveva ancora capito cosa volesse davvero, non si avvicinava mai troppo, ma la guardava con uno sguardo enigmatico a volte. Avrebbe voluto chiederglielo, ma poi restava zitta, per evitare scontri diretti.
Non voleva avvicinarlo, alla fine, si era abituata alla sua condizione e la sua vita era stata arricchita da altre cose, un uomo non le era “necessario”.
– Dove sei ora? –
– Qui, dove vuoi che sia? – gli rispose – invece di far domande sceme, piuttosto, che vuoi? –
Lui fece una smorfia divertita – Non era una domanda scema, Ale, ti ho chiesto una cosa precisa e tu sai bene cosa ti ho chiesto –
Voleva saperlo davvero?
Gli avrebbe dovuto spiegare gli anni e i giorni e le notti in cui era andata e venuta da un inferno che le aveva bruciato ogni sogno, e non sempre valeva la pena. Agli uomini interessava l’involucro, la scatola, la superficie da graffiare. Non ne aveva mai trovati di diversi, loro erano tutti uguali.
– Vuoi che risponda alla tua domanda, Ale? –
“Si, dai rispondi” pensò “sentiamo l’ennesimo fuoco d’artificio”
– Sono tutta orecchi – replicò appoggiandosi al tavolo
Roberto si allontanò e si mise di fronte alla porta
– Vedi questa? – e la indicò – Questa è stata messa per separare gli ambienti di una stessa casa oppure per proteggerla dall’esterno. Tu ne hai una blindata nel tuo cuore e nessuno ne ha la chiave. –
Interessante, la fantasia non gli mancava di certo, non doveva lasciarsi affascinare dalle parole.
– Un giorno quella porta sarai tu ad aprirla, il giorno che capirai quanto tempo hai sprecato barricandotici dietro, senza mai ascoltare se qualcuno stava bussando –
Lo fissava, l’espressione del suo volto doveva essere precisa perché lui continuò scuotendo la testa.
– Non credi alle mie parole, vero? –
Lei sorrise e inclinò la testa, divertita – Questi discorsi sono un po’ inflazionati, non pensi? Voglio dire… sapete così bene imbambolare coi discorsi che a volte mi lascio convincere! Poi cosa verrà dopo? Mille complimenti non sentiti per arrivare al “dunque”? E dopo il dunque? –
– Ale… –
– No no – alzò la mano per zittirlo – è così! L’indomani o il momento stesso dopo aver ottenuto quello che volevi di tutte queste scenografie resterà solo il teatro! L’applauso per aver trovato la chiave ad una porta dove dietro ci sono solo mucchi di sassi e delusione. Avrei preferito essere diversa, perché certe discussioni nemmeno le farei, invece sono stata massacrata più spesso di quanto io sia stata accarezzata. Parli di porte? Non ci sono solo porte. C’è un dolore che non se ne va e che continuate a rovistare con la vostra arte scadente. –
– Capisco – mormorò lui – devo ricominciare da capo –
Lei prese il cappotto e si avvicinò alla porta, fermandosi ad passo da lui – Avresti dovuto iniziare da una carezza, se davvero volevi entrare. Ciao –

– Ale aspetta! –
Lei si girò con un’espressione di disprezzo sul viso così marcata che lo colpì come un ceffone.
– Cosa devo aspettare, Robè? Che ti diverta con me finché ti aggrada? Finché non ti stufi? Finché non capisci che è faticoso stare con me? Finché non giochi ad innamorarmi, mi prometti un futuro, mi dici che sono quella che aspettavi da una vita e poi, con non chalance, te ne vai senza spiegazioni? –
Gli mormorò tra i denti, con una calma innaturale – Certo per voi è facile, inzuppate il vostro biscottino e vi gustate il cappuccino solo finché è caldo e divertente, poi finisce il gusto e tanti saluti, domani il letto è già scaldato dalla prossima.
Io sono la novità, l’inarrivabile, la vittoria nell’aver conquistato l’ennesima preda ‘difficile’…!
Sai? Per tutta la vita ho sognato di essere moglie e madre, mi sono svegliata colf e pedina… sono diventata bestia grazie a voi. Non credere che due belle paroline ora facciano miracoli. Le favole funzionano con i bimbi, le bestiacce feroci ruggiscono e sbudellano, non le ascoltano nemmeno le storie! Non ti consiglio di osare oltre, uccido. Chiaro? –
Che parole pesanti aveva usato!
Rimase a guardarla per un attimo, impietrito come una statua dalla sua veemenza perfettamente dosata. Uno stiletto affondato con doviziosa perizia ma a distanza.
Sapeva che era divorziata con un figlio adolescente, ma non sapeva molto altro, non era una che parlava di sé facilmente, malgrado si mostrasse sempre sorridente e affabile, in realtà non lo era mai davvero.
– Che ti hanno fatto? –
– Altra domanda scema. Credi che si diventi mostri per niente? La gente è velenosa, siete cianuro. Presi a piccole dosi quando si è già velenosi dentro, non uccide… io sono stata avvelenata tutta insieme e sono sopravvissuta dopo anni di convalescenza, ora sono deturpata. Hai presente una bella bambola immersa nell’acido e poi tirata fuori? Eccomi. Guardami bene, non vedere solo quello che ti pare, guardami davvero! –
Allargò le braccia e lo sfidò alzando il mento.
– Sono immune, capisci? –
Roberto non riuscì a dire altro, sconvolto.
– Non sapete accarezzare. Non sapete amare. Siete solo cazzo. E mille cazzate d’effetto. Peccato che non sono più la bambina che desiderava essere amata, ora sto in piedi da sola e mi amo. Tròvati la tua bambola da infilare nell’acido altrove, questa è già mostruosa di suo. –
La guardò andare via e gli rimase addosso tutta l’amarezza delle sue parole.
[©Yelenab.]

comincia carezza 1

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