Vittima e carnefice

Non mi hai chiesto di restare.
Mi hai invitato nella tua vita solo come visitatore.
Mi hai sempre visto come estranea, una curiosa che, come era entrata, poteva anche andarsene senza che tu ne sentissi la benché minima differenza. Come potevi pretendere che sarei rimasta?
Mai benvenuta, quasi un ospite che disturba.
Mi sono chiesta mille volte guardando i tuoi occhi ‘ti ho mai toccato davvero?’ e ti sei mai chiesto quanto invece tu abbia saccheggiato nella mia anima?
Non mi rispondo, non voglio.
Resto spesso zitta, in un angolo con tutte queste parole in testa.
A volte vorrei spedirle lontano, fra i ghiacci, a spegnerle.
Sono rimaste piene di spigoli e rimbalzano come palle: non hai detto mai niente di concreto, di nostro. O me lo sono sognato che sei esistito?
Avrei preferito sentire un addio vero, non un telefono sbattuto o squilli infiniti senza una risposta; un vattene concreto, brutale, pieno di rabbia, invece non ho avuto niente… solo la cocente delusione di aver fatto da bersaglio ad un bimbo capriccioso che sparava contro l’amore, solo per punire chiunque del fatto che non lo avesse mai conosciuto.
Un po’ ti somiglio ora, somiglio ad uno dei tuoi demoni, il peggiore: il contagio di certe malattie diventa inevitabile quando si scopre troppo il cuore… e quando un uomo si fa untore perverso, sa scegliere bene la sua vittima da plasmare a sua immagine, ma non è detto che riesca nel suo intento. Sei stato il mio carnefice è vero, io scelgo di non esserlo. E in questo ti ho vinto.
[Yelena b.]

Vittima e carnefice

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